Dopo aver viaggiato da un continente all’altro l’inglese John Duncan Miller pensava di aver già visto tutto quello doveva essere visto. Giornalista colto e brillante, aveva lavorato a Washington come corrispondente del prestigioso Times di Londra. Sposato con la figlia del Governatore delle Bermuda, Madeleine Asser, durante la Seconda guerra mondiale aveva prestato servizio nel British Army e subito dopo il conflitto aveva lavorato al British Information Service, un ufficio dedicato alla propaganda inglese negli Usa. Quando il giornalismo iniziò ad annoiarlo, s’imbarcò in una nuova ed eccitante avventura: ottenne la nomina di rappresentante in Europa della Banca Mondiale. La sua principale responsabilità era quella di controllare come gli europei avrebbero speso i soldi americani per la Ricostruzione. Prese dunque casa a Parigi e continuò a viaggiare molto. Cominciò perfino a commerciare vino tra Francia e Inghilterra. Erede dell’impero britannico, elegantissimo, coltissimo, potentissimo, Miller era perfettamente soddisfatto di sé stesso. Pertanto, cos’altro poteva mai desiderare? In questa condizione di assoluto privilegio, alla fine del 1950, scoprì la Sardegna. Venne per conto della Banca mondiale: il suo compito era quello di controllare i lavori per le dighe nel sud dell’Isola. Soddisfatto dell’andamento delle opere, sarebbe ripartito subito dopo per Parigi. Ma accadde qualcosa che lo trattenne più del dovuto. Davanti a lui si presentò un politico italiano, dalla faccia rotonda, buona, simpatica. Si chiamava Giovanni Filigheddu ed era di Arzachena, in veste di consigliere regionale. Per Miller, uno come tanti, fino a quando Filigheddu non si rivolse a lui. “Benvenuto Mr. Miller, preferisce che parliamo in inglese o francese?”. Quella domanda cambiò tutto: l’accoppiata Miller – Filigheddu fece la storia. Pochi mesi dopo l’incontro, Miller tornò in Sardegna per la seconda volta, ma al contrario del precedente soggiorno, questa volta risiedette a Nord. Si presentò con un nuovo incarico: invitato da Filigheddu per visitare la zona che allora si chiamava Monti di Mola. Fu un’impresa che a Miller diede l’ebrezza di un’avventura esotica, degna dei suoi avi. Lui arrivò in aereo, con partenza da Roma ed atterraggio ad Alghero. Al contempo, fece viaggiare la sua auto, una Bentley, in nave da Civitavecchia a Olbia. Al porto lo aspettava Filigheddu con una Fiat 600. Era l’aprile del 1959. In macchina, Miller, accompagnato dal figlio Timothy, seguì quella di Filigheddu verso San Pantaleo e poi verso Abbiadori. Strade sterrate, nessuna casa all’orizzonte, nessuna anima in giro, solo la macchia mediterranea chiazzata dal giallo delle ginestre e capre a spasso. Un deserto. Miller cominciava a pensare che forse non era stata una buona idea accettare l’invito di Filigheddu. Gli aveva detto che avrebbe visto un mare come nessun altro posto al mondo e invece niente di tutto questo. Un po’ deluso, Miller percorse poche centinaia di metri quando davanti ai suoi occhi si aprì il paesaggio che lo rapì: Cala di Volpe, Mortorio, Romazzino, Capriccioli. Niente sarebbe stato più come prima. Miller rimase ore ad osservare quel mare, quelle spiagge, quella natura. Celeste, turchese, verde smeraldo.Ancora estasiato, più che eccitato, Miller scrisse ad un suo amico banchiere di Londra, Ronnie Grierson:“Tu devi vedere quello che ho visto io! Tu devi venire qui! E’ incredibile, il mare è come i Caraibi, ma a sole due ore da Londra!”. Ancora in visibilio, incantato dai panorami sardi della Costa Smeralda, Miller si lasciò condurre verso uno stazzo di Abbiadori dove gli fu servito un pranzo speciale, preparato appositamente per lui: pasta con sugo di capretto e carne di maiale, accompagnati da un ottimo vino rosso prodotto nella vigna di Cala di Volpe. E lì fece una nuova scoperta, forse la più buffa. Imperturbabile con il suo completo nero e il farfallino del medesimo colore, Miller fu spiazzato dagli spaghetti! Non sapeva mangiarli con la forchetta e, sbadatamente, macchiò la camicia. Filigheddu, provò a spiegare in inglese come fare, ma Miller ormai aveva altro a cui pensare. Cinque mesi dopo, delegando l’allora sindaco di Arzachena, Giorgino Filigheddu, cugino di Giovanni, acquistò 16 ettari di terreno nell’area di Capriccioli e La Celvia, dove poche anni dopo costruirà una villa, la prima di uno straniero in quelle terre. Un anno dopo – nel Luglio 1960 – Grierson organizzò la visita presso quei “…Caraibi a due ore da Londra.” La spedizione incluse tedeschi, inglesi, francesi, austriaci, americani, canadesi. Alcuni arrivarono in aereo, da Nizza ad Alghero, altri usufruirono delle loro auto presso Capriccioli. Girarono in barca tutte le coste. Scattarono foto. Bevvero il vino di Cala di Volpe. Ed infine tornarono a casa. Si riunirono a Londra coinvolgendo altri amici per un Metting-Gal locato nel Dorchester Hotel. Tra questi c’era un bel giovane di 24 anni. Il suo nome era Karim Aga Khan. Vide quelle foto. Non disse molto altro. Agì. Quel giorno nacque quella che il mondo conosce come Costa Smeralda.